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Immagine del redattoreNicole Federici

L'impatto ambientale (e non solo) dell'industria tessile parte 1

Quando ho progettato Febe, mi sono chiesta su quali valori avrei fondato il mio brand. Ho pensato a cosa potessi offrire e quali fossero i mezzi a disposizione. Nel contesto di una situazione globale fortemente allarmata per le condizioni ambientali, ho deciso di fare la mia parte.

Utilizzando tessuti upcycled, ovvero tessuti destinati al macero e recuperati, sono in grado di abbattere le emissioni e ridurre l’impatto ambientale.

Ma, l’industria tessile, quanto inquina effettivamente? La fast fashion contribuisce fortemente a questo fenomeno, vediamo di capire quale sia la situazione.


Le problematiche correlate alla frenetica produzione dei tessuti sono molte: inquinamento delle acque, utilizzo di sostanze chimiche, fertilizzanti, consumo di acqua ed emissioni di gas serra.


Per la produzione delle materie prime è necessaria un elevata quantità di acqua, terreno coltivabile e le sostanze chimiche impiegate per la coltivazione. Ad esempio, per una semplice maglietta sono necessari 2700 litri d’acqua, che corrisponde il fabbisogno di acqua di una persona per due anni e mezzo!

Inquinamento delle acque


Il 20% dell’inquinamento delle acque potabili deriva proprio da questo settore in quanto vengono riversate in mare tonnellate di fibre sintetiche, che costituiscono il 35% delle microplastiche rilasciate globalmente nell’ambiente. Quasi la totalità delle acque di scarto viene rilasciata in mare senza nessun tipo di controllo.

Il 10% delle emissioni totali del carbonio è attribuito al mondo della moda, con 1,7 miliardi di tonnellate di CO2 all’anno.

Questi dati fanno riferimento alla produzione dei tessuti e abbigliamento, ma un’altra grande questione è lo smaltimento. La fast fashion ci induce a consumare sempre di più a causa di prezzi molto bassi ed accessibili, riducendo la vita media di ogni singolo indumento e sostituendolo con estreme frequenza.

In remote aree della terra si stanno formando delle discariche a cielo aperto di vestiti, come nelle dune di Atacama in Cile, a causa degli eccessivi costi per lo smaltimento o il riciclo.

I vestiti sono per lo più composti da fibre sintetiche non degradabili, dunque destinati a deteriorarsi inquinando le falde acquifere e l’ambiente circostante.

Un’altra tematica attuale è la fast fashion di seconda mano esportata dall’Europa e dal Nord America nel continente africano. Una buona parte dei vestiti usati vengono rivenduti in Africa con una serie di conseguenze. Spesso sono articoli in condizioni pessime (i

La gestione delle discariche e dei rifiuti è una delle più grandi sfide dei nostri tempi

vestiti pregiati di seconda mano vengono solitamente trattenuti) che vengono buttati nei fiumi o formano delle discariche come a Dandora in Kenya. Questo fenomeno ha inoltre ulteriori implicazioni su questioni etiche e culturali, infatti alcuni paesi, come l’Uganda e la Tanzania, hanno vietato l’importazione di vestiti Second hand.


La questione sull’impatto ambientale del tessere tessile è sicuramente complessa e non esauribile in un singolo articolo, poiché a essa si connettono temi sociali e antropologici che non possono essere ignorati.

L’eccessivo consumismo spinge ad un continuo abbattimento dei costi che è possibile sacrificando una gestione responsabili delle risorse ed una lavorazione etica.

Effettuando varie ricerche sull'argomento, mi sono resa conto della grandezza e complessità dei fenomeni che colpiscono zone del mondo come l'America Latina e il continente africano a causa di un fenomeno così incontrollato.

Approfondiremo presto questi argomenti con lo scopo di aumentare la consapevolezza di ciò che accade nel mondo e di dare spazio a situazioni poco conosciute.


 




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